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MUDA Skills, Formazione. Possiamo definire la mancanza di “sensibilità” sull’argomento abilità personali (skills) e formazione l’ottavo spreco. L’ottavo MUDA (ma come non erano i 7 MUDA?)
MUDA Skills o MUDA Formazione avviene ogni qual volta un lavoratore e un lavoro non sono fatti l’uno per l’altro, traducendosi in spreco, in inefficienza produttiva.
Rispetto al modello originale TPS di Taiichi Ohno infatti si è aggiunto nel periodo moderno un ottavo spreco inerente alla mancanza di formazione o al contrario anche l’uso di personale altamente qualificato per lavori poco qualificanti.
Muda Skills è una condizione che comunemente può accadere in 2 direzioni, quando una persona altamente qualificata compie lavori squalificanti o al contrario quando la formazione del lavoratore è inadeguata al compito fornitogli. Tuttavia esiste una terza caratteristica e cioè quella in cui la qualifica e il lavoro hanno poco a che fare con lo spreco, ma è più una questione di “atteggiamento caratteriale”.
Viviamo nell’era dove la formazione ha un costo pesante sia sul bilancio che sul rendimento aziendale, la mancanza di valorizzazione di essa è più che mai qualcosa da eliminare.
L’argomento è molto filosofico ed aleatorio, su questo non ci piove, tuttavia si può quantificare quanto sia importante questo aspetto, monetizzando quanto costa formare un professionista o viceversa quanto sia importante trovare la qualifica corretta per il lavoro corretto.
Prendiamo spunto dal mondo dello sport dove il concetto di persona, professionista, vengono fusi nel più importante concetto si squadra team, si cercano valori come il background, la forza lo spirito ma sempre di più anche il carattere la dedizione la personalità. I veri leader sono anche "brave persone”.
È una associazione di idee che gli imprenditori non vedono di buon occhio, non tutti fortunatamente, infatti c’è una parte dell’imprenditoria più “avveniristica” che affida ad ex allenatori l’introduzione nelle proprie aziende di concetti come “team building” e “Coaching”. Molto c’è da imparare dai TEAM sportivi.
La capacità di fare squadra è fondamentale nello sport ma ancora di più nel business, un’azienda che ha obbiettivi ed è in grado di coinvolgere i dipendenti aumenterà la loro resa rispetto a chi tratta ancora i dipendenti come mezzi per guadagnare e da spremere al massimo e da tenere all’oscuro dalle politiche aziendali.
In un mondo ideale il dipendente e l’imprenditore COLLABORANO per il bene comune dell’azienda, per un guadagno ed una crescita reciproca.
In passato invece l’imprenditore era il PADRONE della ditta e anche della vita dei dipendenti all’interno di essa. Persone che dovevano mostrargli gratitudine perché veniva data loro la possibilità di lavorare.
Purtroppo la seconda filosofia vive ancora in molte realtà artigianali e non solo, realtà incapaci di comprendere quanto una persona rispettata e “felice” possa rendere di più rispetto ad un’altra che si sente soltanto “sfruttata”
Sono state evidenziate dagli addetti ai lavori due Macro categorie che si differenziano totalmente luna dall’altra nonostante siano collegate trasversalmente.
Sono quelle abilità o meglio conoscenze “quantificabili”, come ad esempio:
Tutto quello che su un curriculum vitae viene scritto per spiegare, a chi lo legge, che percorso professionale e formativo si è seguito.
Queste abilità sono certificate da qualcuno o qualcosa come l’università, un’azienda, un ente.
In questa presentazione professionale, ormai da parecchi anni, è comparsa la sezione “altre competenze”, perché alla fine si può essere acculturati quanto si vuole ma se non sai collaborare con gli altri, il tuo cammino non andrà mai oltre modeste aspettative.
La traduzione più veritiera di questa terminologia è “competenze trasversali”, cioè tutte quelle abilità intrinseche della persona.
Un argomento tabù da sempre perché, aziendalmente parlando, non sono numericamente misurabili quindi in caso di miglioramento o peggioramento all’interno del processo produttivo, non sono quantificabili economicamente.
Questa non tangibilità fa indispettire chi, per forza di cose, deve rendicontare investimenti, spese, risultati, insomma numeri.
Analizziamo un organigramma tipo:
Abbiamo il direttore generale, i suoi diretti sottoposti che a loro volta ne hanno altri e solitamente, (non menzionata essendo fatta di molte persone), c’è la parte produttiva/manifatturiera.
Ruoli fatti da persone che devono interagire e comunicare per far sì che chi è al di sotto, nella scala gerarchica, esegua correttamente quello che ci si aspetta.
PERSONE che ricoprono RUOLI
Al centro di ogni ditta si può concludere quindi che ci stia l’individuo, eppure sempre più spesso, i ruoli non rispecchiano le persone e le loro capacità.
Le soft skills riuniscono tutte quelle caratteristiche “emozionali”
Questi sono solo alcuni esempi di abilità trasversali. Risulta chiaro quindi che in questa tipologia è racchiusa la parte caratteriale della persona, direttamente e indirettamente collegata.
Abbiamo parlato della capacità di affidare i ruoli gusti alle persone giuste, quindi di avere empatia e visione delle capacità altrui, saper vedere ed ascoltare anche ciò che non viene detto o fatto.
Ovviamente chiunque diriga o gestisca un’azienda o un team vorrebbe poterlo fare con gente capace ed autonoma, tuttavia nella maggior parte delle volte questo non è possibile, per questioni economiche, logistiche ecc.
Il lavoro del manager sta proprio nel far esprimere ad ognuno il proprio meglio mettendolo poi a disposizione dell’azienda per arrivare ad un fine comune.
È possibile insegnare a un tacchino a salire in cima a un albero, però per quel lavoro sarebbe meglio assumere uno scoiattolo
- Cit. Gian Paolo Montali
Il lato opposto della medaglia di avere “Scoiattoli” è quello che proprio tra essi esistano i cosiddetti anti-leader, gente competente e molto preparata che tuttavia, per tanto brava che sia, abbia l’obbiettivo primario di delegittimare il leader attraverso la propria influenza lavorando così contro l’interesse comune e della azienda.
Capire le persone è uno dei compiti più complicati e difficili che ci possano essere in azienda, ancora più difficile probabilmente è il saper utilizzare l’unica arma a disposizione, l’ascolto empatico.
Molte volte basta “ascoltare” le persone per sentire che potrebbero essere adatte a ricoprire certi ruoli anche se non li hanno mai svolti o nemmeno pensato di farli.
Prima le persone poi la professionalità, perché altruisti, comprensivi, ascoltatori, collaborativi concedetemi il termine, ci si nasce.
Formare il carattere è molto più difficile che formare un professionista, dargli una conoscenza e renderlo utile all’azienda attraverso corsi e master è maggiormente misurabile rispetto all’utilizzo di psicologi o formatori della persona.
Sono di fronte ad un 7 MUDA, uno spreco di efficienza, il MUDA Skills, ora come posso correggere lo spreco?
Facendo un passo indietro.
Se una persona si rivela naturalmente portata a ruoli diversi, per ottenere il massimo da essa, la si può agevolare e appoggiare nel cambiamento, in caso contrario rimarrà una risorsa a metà servizio.
Il controsenso regna sovrano soprattutto dove non c’è l’autocritica, l’onestà di ammettere un errore di valutazione.
Il modo di essere della persona nel lavoro rispecchia quasi sempre quello che è nella vita provata.
Faccio alcuni esempi per chiarire il concetto:
Come anticipato prima, il concetto vale anche al contrario nel caso di sottoimpiego della risorsa:
Tutto molto ovvio e semplice, eppure le situazioni sopra descritte sono molto più comuni di quanto si possa immaginare.
Normalmente la motivazione che viene data è che: “E’ stato assunto ed è pagato per far quel lavoro” ignorando totalmente che, per la mansione in questione, la risorsa è totalmente inadatta e che probabilmente la figura dopo un po' cercherà lavoro altrove.
Questa situazione capita molto spesso anche nel cambio generazione ai vertici dell’azienda, il fondatore, dotato di doti organizzative superiori alla media, passa agli eredi la guida dell’azienda, tuttavia non è scontato che questi abbiano le stesse capacità.
Siamo in un momento storico dove la rivoluzione generazionale sta ribollendo sotto la crosta, come un vulcano inattivo da anni...DORMIENTE.
Stanno per coesistere due generazioni che vivono la tecnologia ed i principi umani in modo completamente opposto.
La generazione di chi ha iniziato a lavorare quando l’informatica era poco più di un registratore di cassa o un pc per fare le offerte in word rispetto a quella di chi con essa ha cominciato a conviverci ed interagire ancora in fasce.
A pensarci sembra una cosa non così drastica, ma l’inserimento dei “millennials” nella società lavorativa sta rivoluzionando totalmente concetti che vanno dai benefit, agli orari, alle distanze al home-working.
“ I dipendenti non lasciano le aziende ma i loro capi”
Questa frase viene ripetuta spesso negli ultimi anni ed è più vera che mai, perché chi non riesce ad adattarsi al cambiamento di filosofia dove le soft skills pesano più delle hard skills sarà destinato ad “essere lasciato” dai propri dipendenti, non tutti ovviamente, ma probabilmente da quelli con una visione del futuro più “aziendalista” e con abilità più empatiche.
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